From Jack with love

aprile 18, 2012 Lascia un commento

Coachella 2012: ritorno al futuro

aprile 17, 2012 Lascia un commento

E’ da poco terminato il primo week-end del Coachella e l’edizione 2012 può già considerarsi storica, cartina di tornasole del panorama internazionale pop, alternative e electro contemporaneo. Due le parole chiave: eterogeneità e assestamento.

L’eterogeneità è la chiave di volta per interpretare il mondo della musica nell’era post-Napster, zero confini e addio alle ultime barriere rimaste in piedi fra generi. La varietà del palinsesto parla chiaro. Inoltre il ripensamento di categorie ormai obsolete è diventato d’obbligo, in primis quella di “indie”: d’altronde se un campione dell’ambito pseudo-indie attuale come Bon Iver, o gli ex campioni Mazzy Star, occupano posizioni così di rilievo in eventi dall’enorme impatto mediatico tipo il Coachella qualcosa vorrà pur dire. E la pioggia di riconoscimenti collezionata dal buon Justin Vernon è un’altra prova del fatto che l’odierna audience, soprattutto internetiana, sia in grado di abbattere agevolmente mura in passato difficilmente valicabili, soprattutto quello fra underground e mainstream.

Assestamento è invece la fase che stanno vivendo molte correnti musicali. E’ in corso un evidente processo di rigenerazione attraverso la rilettura delle proprie radici, come già è sucesso dagli anni ’60 in poi. Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma, oggi più che mai. E la line-up sfilata fra venerdì e domenica non mente: l’ex attaccabrighe Noel Gallagher ad una delle prime grandi uscite senza il fratello; i Pulp più danzerecci che mai; la furia dei Refused che torna a travolgere come un fantasma dal passato; gli At The Drive-In risorti -e un po’ appesantiti- dalle proprie ceneri. Per non parlare dell’epica conclusione, l’autocelebrazione della mitologia hip-hop westcoast, defunti e acquisiti annessi. Dr.Dre e Snoop Dogg hanno spinto in là come mai prima l’interazione fra musica e nuove tecnologie, letteralmente resuscitando Tupac con un ologramma spaventosamente realistico in un momento estatico, probabile culmine di venti e passa anni di militanza hip-hop.

Uno sguardo sul futuro con l’orecchio teso al passato quindi, in attesa che i nuovi paladini raccolgano definitivamente l’eredità dei loro stessi eroi scrivendo nuove esaltanti pagine di storia della musica.

A.

Happy B-Day: The Mars Volta – Tremulant EP

aprile 16, 2012 4 commenti

La storia inizia come tante altre: cinque ragazzini fulminanti dall’ascolto di vagonate di punk rock e hard rock mettono in piedi una band con lo scopo di fare il culo a strisce al Mondo, magari scappando dal buco nero in cui sono cresciuti, nello specifico l’apatica El Paso, TX. Parliamo degli At The Drive-In. Nel giro di pochi anni però gli avvenimenti volgono verso l’inaspettato e il gruppo si ritrova schiacciato dal più classico degli oneri a cui va incontro chi suona musica di un certo tipo con successo, salvare il rock. Qua il giocattolo si rompe, la band si spacca in due tronconi: da una parte chi vuole proseguire lungo la strada della sicurezza, aspirando magari a diventare i nuovi Weezer, dall’altra Omar A. Rodriguez-Lopez e Cedric Bixler Zavala, che di alienare la proprià libertà narco-espressiva proprio non ne vogliono sapere. Verso l’infinito e oltre disse una volta un saggio. E allora via ad una nuova avventura e benvenuti ai The Mars Volta, tra i progetti musicali più eccitanti degli ultimi due lustri. Post-hardcore (poco), dub, progressive, salsa, elettronica sbilenca, rumorismo, crack, eroina, coca, morti misteriose e chi più ne ha più ne metta. I nostri sono un’esplosione di colore, energia e visioni psichedeliche. Sono il Brasile di Telê Santana e i Phoenix Suns di Nash e D’Antoni. Sono uno shamano che danza in estasi nel mezzo della savana al tramonto. Sono il vostro migliore amico che si presenta il giorno del vostro matrimonio strafatto, con un completo rosso fiammante. Sono arte, movida e sfacciataggine allo stato puro. Sono ciò che si trova costantemente oltre i confini del “normale”, buono o cattivo che sia. Erano, sono e resteranno tra i più classici esempi della dicotomia genio-sregolatezza. 

Tutto questo perchè proprio pochi giorni fa, il 4 aprile, Tremulant il primo EP prodotto da Omar, Cedric e amici schizzati ha compiuto dieci anni. Anche se in ritardo, auguri. La puntualità non è proprio la dote dei geni.

A.

To Rome With Love

aprile 13, 2012 2 commenti

Woody Allen in cabina di regia.

Lo stesso Woody, Roberto Benigni, Alec Baldwin, Penelope Cruz, Antonio Albanese, Ellen Page and counting sul set.

La Città Eterna protagonista indiscussa. Il 20 aprile in tutti i cinema.

Conviene dargli un’occhiata, no?

A.

MXPX – Plans Within Plans

aprile 12, 2012 Lascia un commento

Chi non muore si rivede. Band di seconda fascia del circo pop-punk californiano anni ’90 con all’attivo almeno un paio di album degni di nota, gli MXPX ritornano a far parlare positivamente di sè con Plans Within Plans. Dopo un decennio poco brillante, volato fra pubblicazioni sottotono e impegni familiari extra-musicali,  i tre di Bremerton, WA riappaiono improvvisamente, brillanti e ispirati. Nelle 13 tracce che compongono l’album ritroviamo tutti gli elementi che sul finire dello scorso millennio li han portati ad un passo dal botto mainstream: ritornelli killer, midtempo e uptempo alternati con sapienza, melodie tra il malinconico e lo spensierato che fanno da contrappunto a stacchi più aggressivi. Il tutto corredato da una produzione secca e “old-school”, ben diversa dai prodotti plastificati che appestano l’attuale mercato pseudo-punk. Con una manciata di acuti da best of: Far Away, Stay On Your Feet e Best Of Times su tutte.

Bel colpo di Herrera e soci, che nonostante qualche chilo in più e qualche ciuffo sbarazzino in meno ci consegnano un lavoro scoppiettante e immediato, in cui fortunatamente l’esperienza accumulata è d’aiuto nell’innalzare lo standard qualitativo e non freno creativo, come a volte accade nei casi di band di ex-giovani rampanti.

A.

Bon Iver – I Can’t Make You Love Me/Nick of Time (Calgary B-Side)

aprile 11, 2012 2 commenti

“Turn down the lights, turn down the bed, turn down these voices they’re inside my head. Lay down with me, tell me no lies just hold me close and don’t patronize me, don’t patronize me. ‘Cause I can’t make you love me if you don’t, you can’t make your heart feel something it won’t, here in the dark in these final hours I will lay down my heart.”
 
Previsioni meteo dall’11 al 14 aprile: pioggia intensa e sensibile abbassamento delle temperature.
Quale colonna sonora migliore per questo colpo di coda invernale?
….Enjoy.
 
A.
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Stephen King – L’Ombra dello Scorpione

aprile 11, 2012 Lascia un commento

929 pagine, tanto è servito a Stephen King per dare libero sfogo alle sue elucubrazioni antropo-sociologiche. La trama funge da pretesto, e almeno inizialmente non appare come delle più originali: un virus rilasciato per sbaglio in un centro di ricerca californiano stermina il 99% della popolazione mondiale, il restante 1% deve ricostruire la Società sostanzialmente da zero, fronteggiando tutte le difficoltà del caso. Ciò che rende The Stand -questo il titolo in lingua madre- un gran libro è però l’utilizzo che King fa dei numerosi personaggi, asservendoli allo scopo di sviscerare di volta in volta un aspetto differente della vita umana. Attraverso Larry viene trattato il tema del conflitto fra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere; con Nick, Tom e Pattume quello dei ragazzi “speciali”: sordomuti, autistici, maltrattati; nel contrasto fra Mother Abagail e Randall Flagg, nucleo portante dell’intera opera, riaffiora l’eterna lotta fra Bene e Male; con Glen Bateman si analizzano le fondamenta di Politica e Giustizia, sottolineandone l’importanza nella fondazione di un nuovo corpo sociale. E così via, ogni volto porta uno spunto di riflessione fin quasi a spingere in secondo piano il susseguirsi degli eventi, intrecciati e gestiti in maniera comunque magistrale dall’abile penna di King.

Complimenti al Re dunque, per aver dato alle stampe un’opera che travalica il concetto di romanzo come pura narrazione fungendo da punto di partenza per un’analisi più ampia dell’uomo, del suo habitat naturale e della sua spiritualità. 

A.

Rise And Fall – Faith

aprile 10, 2012 1 commento

Deathwish Inc. Kurt Ballou in cabina di regia. Tanto è bastato per farmi puzzare questi Rise And Fall di copia della copia di Bannon e co. per parecchio tempo, difatti fino a settimana scorsa li avevo sempre mantenuti a debita distanza dal mio stereo. Poi, visto il periodo di vacche magre in ambito pesante, mi son detto “massì proviamo anche loro”. Ed è stata una mossa buona e giusta. Non che i Nostri brillino per particolari innovazioni, ma il loro mestiere lo fanno con perizia e pure un minimo di personalità. Al di là degli iniziali 3-4 pezzi pestoni standard, con lo scorrere delle tracce emerge una discreta originalità negli arrangiamenti, nella cura delle ritmiche e del lavoro delle chitarre che si dilettano frullando con furia hardcore, d-beat, thrash metal e noise. 

I fans di Converge, Integrity e Entombed prendano pure nota e inizino a leccarsi i baffi.

A.